Pensare che un momento intimo resti tale e poi vedere le proprie immagini pubblicate online senza consenso: si chiama revenge porn, una pratica illegale che si ripercuote sulle vittime non solo in termini legali (qualora volessero perseguire chi commette il reato). Facebook ha annunciato l’introduzione di nuovi strumenti per aiutare le vittime violate nella loro privacy. Il social network ha studiato un meccanismo che eviti la condivisione di un contenuto segnalato. Chiamata a intervenire da più parti sui temi della sicurezza insieme agli altri giganti della rete (anche Microsoft di recente ha introdotto un modulo di segnalazione), l’azienda ha studiato un modo di arginare la diffusione di questi contenuti: sul social network, quanto sulla piattaforma di messaggistica di Messenger e anche su Instagram. Le immagini pubblicate senza consenso si potranno segnalare utilizzando l’apposito link (Segnala) che appare premendo sulla freccia verso il basso o il menù (i tre puntini ‘…’) del singolo post. I rappresentanti qualificati del team Community Operations di Facebook rivedranno l’immagine e la rimuoveranno se questa viola i nostri Standard della Community. In molti casi saranno anche disattivati gli account che hanno condiviso immagini personali senza permesso (ovviamente, si potrà contattare lo staff qualora qualcuno ritenesse che la foto sia stata rimossa per errore). Dopo questo passaggio, la piattaforma sfrutterà le tecnologie di foto-matching per aiutare a contrastare ulteriori tentativi di condivisione dell’immagine su Facebook, Messenger e Instagram. Se qualcuno provasse a condividere l’immagine dopo la sua rimozione sarà avvisato che questa viola le policy e che quindi non potrà essere condivisa. “È un primo passo di una serie di interventi. C’è altro da fare, ma questo è un primo modo per mantenere internet sicuro, un obiettivo che anche Mark Zuckerberg ha messo tra i più importanti dell’azienda” ha spiegato Antigone Davis, Head of Global Safety di Facebook. Una delle innovazioni principali riguarda l’intervento spalmato non solo sui post, ma anche sulle altre piattaforma di casa Facebook: per ora Messenger e Instagram. Un domani, chissà, anche WhatsApp. “Vogliamo risolvere questo problema e le ripercussioni che ha sulle vittime” risponde Davis, sottolineando come miglioramenti si sono succeduti nel tempo anche su altri strumenti già esistenti. “Intanto introduciamo la tecnologia, poi cercheremo di fare qualsiasi cosa in nostro potere, per impedire la diffusione di immagini intime senza consenso”. “Una bellissima evoluzione tecnologica che consente non solo di segnalare, ma anche di attribuire un’impronta digitale alle immagini, prevenendo la diffusione. Sono temi che ci toccano da vicino, basta pensare al caso di Tiziana Cantone. Quella volta, la rimozione del contenuto da parte di Facebook non era riuscito a fermarne la condivisione. In questo modo, l’intervento sarà più efficace”, commenta Laura Bononcini, Head of Public Policy di Facebook. Secondo uno studio di qualche anno fa, dell’US Victims of Non-Consensual Intimate Images sulla pornografia non consensuale. Il 93% delle persone è stata vittima di revenge porn: il 90% di queste, erano donne. Ma i numeri non contano, dice la Davis. Anche riguardasse un ristretto numero di persone, è un problema che va affrontato, per le gravi ripercussioni che ha sulle vittime. Facebook ha riunito 150 tra organizzazioni per la sicurezza e esperti di Kenya, India, Irlanda, Washington DC, New York, Spagna, Turchia, Svezia e Olanda per avere feedback su come possiamo migliorare. I nuovi strumenti sono stati sviluppati in collaborazione con esperti in materia di sicurezza, tra i quali la Cyber Civil Rights Initiative, che insieme a National Network to End Domestic Violence, il Center for Social Research, la Revenge Porn Helpline (UK), hanno fornito costanti consigli e pareri nel processo di sviluppo. Le relazioni con rappresentanti esterni e territoriali serve anche ad aiutare gli utenti qualora volessero agire legalmente contro le violazioni, e questo vale per altre criticità, siano il cyberbullismo o le intenzioni suicidarie: “A seconda della tipologia di problema, abbiamo diversi interlocutori“, conferma Laura Bononcini “hanno un canale diretto e preferenziale con noi la Polizia Postale, l’Unar (l’Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica), Save The Children e Telefono Azzurro”. I team di revisione dei contenuti, spiega la Bononcini, sono formati da centinaia di persone in tutto il mondo, ma i contenuti scritti in italiano saranno sempre revisionati dal personale italiano. Sul tema delle foto pubblicate senza consenso, Facebook ha elaborato anche un’apposita guida. Fonte: www.wired.it