Una storia di violenza e soprusi si è finalmente conclusa con un gesto di protezione: una donna originaria di Enna, residente a Caltanissetta, è stata accolta in una struttura protetta dopo essere fuggita dall’ex marito violento.

La decisione è arrivata a seguito dell’ultimo episodio di aggressione, questa volta nei confronti del figlio di appena otto anni.

La vittima aveva già denunciato ripetutamente l’ex coniuge, presentando almeno otto denunce in Procura. Tuttavia, come lei stessa ha raccontato, nessun provvedimento era mai stato preso per proteggerla. La situazione è ulteriormente aggravata dal fatto che l’uomo l’aveva aggredita anche mentre la donna si sottoponeva alla chemioterapia, dimostrando una totale mancanza di rispetto per la sua condizione di salute.

“Perché chiediamo alle donne di denunciare se poi veniamo lasciate sole?” ha dichiarato la donna prima di abbandonare Caltanissetta con il figlio. “Alla fine, chi ha dovuto lasciare la casa siamo io e il mio bambino. Ma va bene così, voglio proteggere mio figlio a tutti i costi”, ha aggiunto con forza e determinazione.

La notizia della sua richiesta di aiuto si era rapidamente diffusa, generando numerose offerte di ospitalità da parte di diverse strutture protette in Sicilia. Oggi, finalmente, madre e figlio hanno trovato riparo in una casa rifugio il cui indirizzo resta segreto, così da garantire la massima sicurezza e protezione.

L’intera vicenda porta nuovamente alla ribalta il tema scottante della violenza domestica e della protezione delle vittime, soprattutto in casi di reiterate aggressioni e minori coinvolti. Nonostante i diversi appelli e le numerose denunce, la donna si è sentita spesso sola nell’affrontare un percorso di tutela che, per quanto complesso, dovrebbe invece essere più rapido e incisivo.

Questa storia, fortunatamente a lieto fine per la madre e il figlio, solleva però un interrogativo importante sulle istituzioni e sul sistema giudiziario: è necessario un intervento più tempestivo ed efficace, affinché chi subisce violenze e persecuzioni sia messo in condizioni di sicurezza già dalle prime denunce.

Solo così si potrà evitare che altre vittime, come la donna di Enna, siano costrette a dover abbandonare la propria casa pur di sopravvivere.