La Corte Suprema di Cassazione ha posto fine a una lunga vicenda legale che coinvolgeva il Dott. L.R.G., originario di Campobello di Licata, dichiarando inammissibile il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate e condannando l’ente al pagamento delle spese di lite.
Nel 2018 l’Agenzia delle Entrate notificava al Dott. L.R.G., all’epoca Direttore dell’Ufficio Provinciale di Caltanissetta, un’ingiunzione per il recupero delle somme corrisposte come retribuzione di risultato per l’anno 2013, motivata da una presunta valutazione negativa del suo operato. Il provvedimento venne immediatamente impugnato dal Dott. L.R.G. presso il Tribunale di Palermo, con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Mario La Loggia.
Il Tribunale di Palermo, in primo grado, dichiarò nullo il provvedimento di ingiunzione, ritenendo infondata la richiesta di restituzione avanzata dall’Agenzia. Non soddisfatta, quest’ultima ricorse in appello presso la Corte di Appello di Palermo, chiedendo la riforma della sentenza e il pagamento delle somme da parte del dipendente.
Gli Avv.ti Rubino e La Loggia, rappresentanti del Dott. L.R.G., contestarono l’appello, sottolineando l’illegittimità del provvedimento per diversi motivi:
La Corte di Appello di Palermo rigettò l’impugnazione, confermando la sentenza di primo grado e condannando l’Agenzia al pagamento delle spese processuali.
Nonostante le precedenti sconfitte, l’Agenzia delle Entrate ricorse in Cassazione, ma la Suprema Corte dichiarò il ricorso inammissibile, rilevando l’esistenza di un giudicato già formato sulla sentenza di appello. Inoltre, con decreto del 6 novembre 2024, la Cassazione sancì l’estinzione del giudizio, condannando l’Agenzia al pagamento delle spese di lite.
La sentenza conferma l’illegittimità del provvedimento di ingiunzione e solleva il Dott. L.R.G. dall’obbligo di restituire le somme percepite come retribuzione di risultato. Il caso sottolinea l’importanza del rispetto delle regole amministrative e delle garanzie previste per i dipendenti pubblici.