C’è una forma d’arte che riesce, da ormai un secolo, a divertire e emozionare il pubblico. Parliamo del cinema, ovvero di quei potenti racconti per immagini che, forti della capacità di evolversi e cambiare con l’evoluzione della tecnologia, hanno saputo divertire ed emozionare, dando voce a fenomeni di costume, oppure creando praticamente dal nulla nuovi trend e mode. Ne sa qualcosa la pubblicità, che ha trovato infiniti modi, occulti o meno, per sfruttare il grande impatto delle pellicole cinematografiche sull’audience, modellando la sua offerta sulla base dei nuovi gusti e aspettative del pubblico.
La varietà dell’espressione artistica del cinema è tale che non c’è praticamente nessun argomento che non sia stato raccontato, sotto forma di commedia, film d’autore, pellicola d’azione, horror oppure documentario. La grande e affascinante macchina del cinema, fatta di uomini e donne con una molteplicità di ruoli diversi è lo specchio della sua incredibile varietà.
Le produzioni del grande schermo hanno una trasversalità di audience praticamente unica, riuscendo ad accontentare anche i gusti più diversi di chi è in cerca di una serata ricca di adrenalina, oppure di chi vuole coinvolgersi in una appassionante storia d’amore. Attraverso regia, sceneggiatura, interpretazione, così come anche i costumi e l’ambientazione, la suggestione diventa perfetta, trascinando lo spettatore verso luoghi e situazioni affascinanti e sconosciuti, oppure mostrandogli la realtà da diverse e interessanti prospettive.
In questo senso, il cinema è un comunicatore perfetto. In bilico tra necessità di soddisfare l’espressione artistica e la volontà di farsi comprendere dal maggior numero possibile di persone, riesce a far arrivare al cuore (e alla mente) i suoi messaggi in modo coinvolgente e diretto. In questo senso, il cinema che ha ripreso fatti di cronaca o eventi socialmente importanti, seppur con i dovuti interventi di “adattamento”, è riuscito a smuovere le coscienze, aiutando a ritrovare uno spirito critico che, al di fuori dell’arte, sembra impossibile esercitare in certi ambiti.
Errol Morris con il suo The Thin Blue Line dimostra che un caso mediatico poteva essere montato da nulla, senza neanche bisogno che fosse accaduto: una grave denuncia sia al sistema dell’informazione che dei meccanismi giudiziari. Con Supersize Me, invece, Morgan Spurlock prova sul suo corpo gli effetti devastanti di una dieta basata esclusivamente su cibo di McDonald’s, costringendo il gigante del fast food non solo a cambiare il nome della sua offerta di upgrade più popolare, ma anche a rivedere il menu, arricchito con piatti più sani, come insalate e ricette a basso contenuto di carboidrati.
Almeno una volta nella vita, siamo usciti dalla sala cinematografica, al termine della visione, con il preciso scopo di emulare le gesta dei personaggi che avevamo visto recitare sullo schermo. Negli anni ’70, le coinvolgenti e scatenate coreografie dei combattimenti di Bruce Lee causarono un vero boom di nascita di scuole di arti marziali. Da quel momento, le discipline orientali entrarono prepotentemente nel mondo occidentale, reclutando un vero esercito di entusiasti allievi. Quando sembrava che l’onda del Sol Levante si fosse placata, la saga di Karate Kid ha contribuito a risollevare l’interesse in questi sport, che hanno saputo anche farsi portatori di valori importanti per la società.
Il cinema entra nell’immaginario collettivo attraverso canali pressoché infiniti. Anche lo svago per eccellenza, ovvero le vacanze, vengono ispirate dai luoghi visti sullo schermo. Quando uscì Il Gladiatore di Ridley Scott, Roma subì una vera invasione di turisti desiderosi di riscoprire i luoghi delle gesta di Decimo Massimo Meridio. Non solo, anche le rievocazioni storiche, prima non molto popolari nella capitale, ebbero un forte impulso alla crescita, con la creazione addirittura di parchi a tema, dove il visitatore può diventare gladiatore per un giorno.
Le produzioni di Hollywood sono anche riuscite parzialmente modificare la percezione comune dei passatempi al tavolo verde, attraverso la costruzione di personaggi che trasmettono intelligenza, voglia di vincere e desiderio di distinguersi. Gli sfidanti diventano eroi, in match che vedono sempre contrapporsi personaggi dalle forti personalità, come accade nell’indimenticabile Cincinnati Kid (1965) o nel più recente Rounders (1998).
È interessante notare come il genere del film non sia necessariamente correlato al tipo di influenza che esercita sul pubblico. Ovvero, un film di carattere storico può essere un ottimo volano per la scoperta di una destinazione turistica, così come una commedia può lanciare una moda di vestire che viene riproposta anche sulle passerelle internazionali.
Era il 1977, quando il genio di Woody Allen portava sullo schermo Io e Annie, un film che si ricorda non solo per la comicità tagliente e irresistibile, ma anche per lo stile inconfondibile della sua protagonista. Diane Keaton lancia infatti la moda dei completi maschili adattati al suo corpo longilineo di donna dalla personalità indipendente, che non ha timore di essere forte e fragile allo stesso tempo. È un successo incredibile, che porta gli stilisti a dover fare i conti con quel modo di abbinare capi e colori, classico senza essere noioso, quasi un’eleganza dell’anima. Attraverso il cinema, i grandi stilisti sono riusciti ad affermare la propria filosofia di immagine, facendo indossare i loro capi ad attori indimenticabili, come Givenchy con Audrey Hepburn e Armani con gli eleganti outfit di Richard Gere. Il successo di una pellicola può essere così trainante da rendere iconici alcuni modi di vestire o accessori. È il caso, ad esempio, dei completi in pelle super aderenti dei protagonisti di Grease, così come gli scaldamuscoli di Jennifer Beals, che, in Flashdance, volteggia agile nell’aria durante il provino di danza più famoso della storia.