“Io e mio figlio di 8 anni siamo in pericolo. Chiedo di essere trasferita immediatamente in una casa protetta”. Questo l’appello di una giovane mamma originaria di Enna, residente a Caltanissetta, che denuncia di sentirsi abbandonata dalle istituzioni dopo l’ennesima notte trascorsa tra il pronto soccorso e la caserma dei Carabinieri senza ottenere protezione.
La donna racconta di aver vissuto ore drammatiche: “Ieri sera mio figlio, dopo essere stato con il padre, mi ha riferito di aver subito minacce ed era terrorizzato.
L’ho portato subito al pronto soccorso del Sant’Elia di Caltanissetta, dove la dottoressa di turno ha messo per iscritto che occorreva trovare una struttura protetta. Tuttavia, la Polizia ci ha semplicemente detto che potevamo tornare a casa”.
A tarda notte sono intervenuti i Carabinieri, ma nonostante la buona volontà degli agenti, non è stata trovata una soluzione immediata: “Nessuna delle strutture contattate, reperibili 24 ore su 24, ha risposto alle chiamate. Siamo stati costretti a rientrare nell’abitazione dove non ci sentiamo al sicuro”.
Le denunce e la paura per il futuro
Stando alle dichiarazioni della giovane, sarebbero state presentate almeno otto denunce contro il marito, con tanto di prove fotografiche e testimonianze.
“Ci sono immagini che mostrano il pestaggio mentre ero sottoposta a chemioterapia – spiega – e referti medici sulle costole rotte. Ho foto che documentano il pugno ricevuto da mio figlio, che ha raccontato anche di assumere gocce per dormire, fornitegli dal padre. Mi sento disperata e abbandonata”.
La donna sottolinea che, in assenza di un provvedimento urgente, sarà costretta nuovamente a consegnare il bambino al padre entro due giorni, come stabilito dagli attuali accordi. “Cosa aspetta la magistratura – incalza – che diventi un’altra vittima di femminicidio? Ho paura per la mia vita e per quella di mio figlio. Vi prego, aiutateci”.
Appello alle istituzioni e alle strutture di accoglienza
Questa drammatica vicenda, che si inserisce nel più ampio contesto della violenza domestica e del rischio di femminicidio, mette in luce le falle dei sistemi di accoglienza e protezione per le vittime, in particolare quando coinvolgono anche minori. “Non possiamo più aspettare – conclude la donna – le denunce sono state fatte, le prove ci sono. Ora tocca alle istituzioni garantirci la sicurezza”.
I riflettori sulla protezione delle donne e dei minori
Il caso della giovane di Enna porta ancora una volta al centro dell’attenzione la necessità di case protette, centri antiviolenza e strutture di accoglienza attive 24 ore su 24, in grado di garantire interventi tempestivi alle vittime di abusi. Secondo gli ultimi dati, infatti, la richiesta di sostegno per madri e figli in situazioni di pericolo è in aumento in diverse regioni italiane, ma la risposta istituzionale spesso risulta insufficiente o troppo lenta.
Per segnalazioni di emergenza e richieste d’aiuto, esistono numeri dedicati come il 1522, attivo 24 ore su 24. Tuttavia, la vicenda di Caltanissetta evidenzia la necessità di rafforzare la rete di sostegno per evitare che simili casi finiscano tragicamente.