Il Sostituto Procuratore Generale di Palermo, Carlo Lenzi, ha chiesto che venga confermata la condanna a 14 anni e 6 mesi di reclusione nei confronti di Luigi Lalomia, il tabaccaio 78enne di Canicattì.
L’uomo era stato ritenuto responsabile dell’omicidio preterintenzionale di Mario Vincenzo Lauricella, suo futuro consuocero, investito e ucciso il 30 maggio 2021 in circostanze ancora parzialmente controverse.
La ricostruzione dei fatti e la riqualificazione del reato
Il verdetto, emesso il 12 giugno scorso dalla Corte di Assise di Agrigento presieduta da Alfonso Malato, aveva derubricato l’accusa originaria di omicidio volontario in omicidio preterintenzionale, escludendo la premeditazione.
Secondo la sentenza di primo grado, la morte di Lauricella sarebbe stata una conseguenza non voluta di un’aggressione maturata in un contesto di tensione familiare legato alle nozze non gradite fra i figli dei due uomini.
L’accusa di tentato omicidio nei confronti della figlia della vittima – fidanzata e promessa sposa del figlio di Lalomia – è stata a sua volta riqualificata in lesioni personali.
La ragazza, presente al momento dei fatti, si sarebbe salvata grazie all’intervento del padre, che l’avrebbe spinta via prima di essere travolto dal furgone Doblò guidato dallo stesso Lalomia.
Le perizie tecniche e la versione della difesa
Una perizia, affidata all’ingegnere Grazia La Cara, ha ridisegnato parzialmente la dinamica del sinistro, evidenziando come Lalomia sarebbe stato inizialmente aggredito da Lauricella, che avrebbe colpito il furgone con un bastone.
L’imputato, nel tentativo di allontanarsi, avrebbe finito per investire sia Lauricella che la figlia, per poi fuggire “facendo l’unica manovra possibile”.
Lauricella, a causa delle gravi ferite riportate, è deceduto il 16 luglio 2021, a distanza di circa un mese e mezzo dall’investimento.
L’appello e la posizione del PG
La difesa di Lalomia, rappresentata dall’avvocato Calogero Meli, ha impugnato la sentenza, ma il Sostituto Procuratore Generale di Palermo, Carlo Lenzi, ha chiesto che la condanna a 14 anni e 6 mesi resti invariata, ritenendo fondata la ricostruzione che ha portato i giudici agrigentini a pronunciare il verdetto.
Lalomia, inoltre, era stato condannato a risarcire i familiari della vittima, rappresentati dall’avvocato Salvatore Amato, costituitisi parte civile nel processo.
L’udienza d’appello si preannuncia decisiva per stabilire se la pena inflitta al tabaccaio verrà confermata o eventualmente rivista.
La vicenda resta carica di tensioni, soprattutto tra le famiglie coinvolte, e la decisione della Corte d’Appello potrebbe mettere la parola fine a un caso che ha destato profondo scalpore nella comunità di Canicattì.