Le indagini avviate dopo un grave infortunio sul lavoro hanno svelato un sistema di sfruttamento che coinvolgeva almeno sette lavoratori stranieri in condizioni di degrado.

I Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Messina, con il supporto della Compagnia di Milazzo, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di divieto di dimora e sequestro penale preventivo nei confronti di un imprenditore edile accusato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

L’ordinanza è stata emessa dal GIP del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto su richiesta della locale Procura della Repubblica.

Indagini partite da un infortunio sul lavoro

L’inchiesta ha avuto inizio nel dicembre 2023, in seguito a un grave incidente sul lavoro verificatosi a Panarea, nel Comune di Lipari, il 10 novembre 2023.

Un cittadino marocchino, irregolare sul territorio italiano, è rimasto ferito gravemente mentre guidava un muletto su una strada di montagna per conto dell’indagato. Il mezzo si è ribaltato, schiacciando il lavoratore, che ha riportato la frattura del perone e lesioni al ginocchio.

Invece di soccorrere il ferito, il datore di lavoro lo avrebbe abbandonato nei pressi di una strada, dove un passante lo ha trovato e portato alla guardia medica di Panarea. Data la gravità delle ferite, l’uomo è stato successivamente trasportato all’ospedale di Milazzo e poi elitrasportato al Cannizzaro di Catania, dove è rimasto ricoverato per diversi giorni.

Un sistema di sfruttamento organizzato

Le indagini, condotte anche con il supporto del Gruppo Tutela Lavoro di Palermo, hanno portato alla luce un sistema di sfruttamento lavorativo che coinvolgeva sette lavoratori marocchini, tutti impiegati in condizioni disumane.

Secondo quanto emerso:

  • I lavoratori erano alloggiati in container fatiscenti, situati in una proprietà privata dell’imprenditore. I container, privi delle minime condizioni igienico-sanitarie, ospitavano piccole stanze con posti letto sovraffollati, una cucina in pessime condizioni e un bagno unico in stato di degrado.
  • Ricevevano una paga irrisoria di 5,70-7,00 euro l’ora, lavorando fino a 12 ore al giorno, sette giorni su sette, senza ferie, permessi o periodi di riposo.
  • Venivano minacciati di perdere parte della retribuzione se non firmavano dimissioni volontarie.
  • Erano costretti a smaltire i rifiuti dell’attività lavorativa tramite incenerimento, in violazione delle norme ambientali.
  • Operavano in condizioni di lavoro insicure, in violazione delle normative sulla salute e sicurezza.

Sequestri e provvedimenti cautelari

Nel corso dell’operazione, i militari hanno posto sotto sequestro penale preventivo i container utilizzati come alloggi e due mezzi di lavoro. L’imprenditore, destinatario del divieto di dimora, è accusato di caporalato ai sensi dell’art. 603-bis del codice penale.

Un impegno costante contro il caporalato

L’inchiesta, coordinata dalla Procura di Barcellona Pozzo di Gotto sotto la direzione del Procuratore Capo Giuseppe Verzera, rappresenta un ulteriore passo nell’azione di contrasto al fenomeno del caporalato, portata avanti in sinergia con le Forze dell’Ordine.

Il caso mette in evidenza le drammatiche condizioni in cui versano molti lavoratori sfruttati, spesso costretti ad accettare condizioni umilianti per necessità economica. L’indagato, al momento, resta presunto innocente fino al termine del processo, come previsto dalla legge.

Questa operazione sottolinea l’importanza di intensificare i controlli sul lavoro nero e di garantire il rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori, in particolare quelli più vulnerabili.