In un caso che ha scosso la comunità medica e legale, l’Asp è stata citata in giudizio insieme a due ginecologi, accusati di negligenza medica che ha portato all’aborto di un feto di otto mesi.
Il processo, presieduto dalla giudice Rossella Ferraro, vede coinvolti i medici G.L. e V.S., accusati di non aver adeguatamente assistito la paziente in una situazione di emergenza.
Dettagli del Caso:
G.L., in servizio al pronto soccorso dell’ospedale Barone Lombardo di Canicattì, è accusato di non aver disposto il ricovero della paziente il 17 agosto, nonostante avesse rilevato gravi segni di restrizione della crescita fetale. L’accusa sostiene che un parto urgente avrebbe potuto salvare il feto.
Due giorni dopo, il ginecologo V.S., specialista che seguiva la donna, venne informato della situazione ma non consigliò immediatamente il ricovero al pronto soccorso.
La paziente, una 42enne, aveva già accusato dolori e una perdita ematica, che avevano richiesto un ricovero d’urgenza in ospedale, dove le era stato detto che il bambino era vivo ma malnutrito. Le fu suggerito di anticipare la visita con il suo ginecologo per indurre il parto e nutrire il bambino in maniera alternativa.
Svolgimento e Conseguenze:
Durante una successiva visita con V.S., alla paziente fu comunicato il decesso del bambino. La tragedia ha portato a serie implicazioni legali per i medici coinvolti e per l’Asp, con richieste di responsabilità civile avanzate dal legale della parte civile, Antonio La Cola, che assiste la paziente.
Impatto e Riflessioni :
Questo caso ha sollevato questioni importanti sulla gestione delle emergenze ostetriche e sulla responsabilità professionale in campo medico. La comunità locale e il settore sanitario attendono con apprensione gli sviluppi del processo, che potrebbero avere significative ripercussioni sulle pratiche ospedaliere e sulla fiducia del pubblico nei servizi di emergenza.
Il processo a carico dei due ginecologi e dell’Asp continua, con la comunità che attende risposte e giustizia per la perdita evitabile di una vita nascente.
Il caso sottolinea la necessità di aderire a protocolli medici rigorosi e di garantire che tutti i medici siano adeguatamente preparati a gestire situazioni di emergenza con la massima attenzione e cura.