Nel Comune di Palma di Montechiaro, una vicenda giudiziaria sta occupando le prime pagine dei giornali locali e nazionali, attirando l’attenzione di cittadini e osservatori per la sua complessità e le personalità coinvolte.
Al centro di questo intricato caso giudiziario troviamo il sindaco di Canicattì, Vincenzo Corbo, indagato nella sua duplice veste di primo cittadino e presidente del consorzio acquedottistico Tre Sorgenti.
Corbo, insieme a tre tecnici che si sono avvicendati nella gestione dell’ente, è chiamato a rispondere di accuse gravissime che potrebbero gettare un’ombra sulla sua carriera politica e amministrativa.
I coimputati sono figure note nel panorama locale: Carmelo Vaccaro, 59 anni, di Realmonte; Jessica Vanessa Lo Giudice, 32 anni, di Palma; e Mauro Porcelli Licata, 64 anni, di Licata.
La procura, guidata dal procuratore aggiunto Salvatore Vella, ha presentato richiesta di rinvio a giudizio, che verrà discussa dal giudice Iacopo Mazzullo il 7 marzo.
Gli imputati, sostenuti da un team legale di rilievo composto dagli avvocati Calogero Meli, Santo Lucia, Angelo Armenio e Silvio Miceli, dovranno difendersi da accuse che, se confermate, potrebbero avere ripercussioni significative sul panorama politico e amministrativo regionale.
Secondo l’atto di accusa, il consorzio avrebbe praticato, per tre anni a partire dal 2018, una tariffa sulla fornitura idrica superiore a quella dovuta.
L’Arera (Autorità per le reti e l’energia) era stata informata di una tariffa di 0,6629 euro al metro cubo per l’anno 2012, ma il consorzio ha poi applicato una tariffa maggiorata di 0,6869 euro.
Questo incremento, apparentemente minimo, quando moltiplicato per le enormi quantità di acqua fornite, si traduce in un’eccessiva onerosità per la collettività, sollevando dubbi sulla trasparenza delle pratiche amministrative del consorzio.
Il caso si complica ulteriormente per Vincenzo Corbo, che, oltre alle accuse di frode in pubbliche forniture, deve rispondere anche di evasione fiscale.
L’accusa sostiene che Corbo, sempre nella sua funzione di presidente del consorzio Tre Sorgenti, avrebbe evaso un’imposta di 100mila euro, “indicando attivi inferiori” rispetto alla realtà.
Questa accusa, se confermata, getta un’ombra non solo sulla gestione finanziaria dell’ente, ma anche sulla moralità e l’etica professionale di chi è chiamato a gestire risorse pubbliche.
La vicenda di Canicattì si inserisce in un contesto più ampio di vigilanza e controllo sulle pratiche amministrative locali. In Italia, la gestione delle risorse idriche è spesso al centro di controversie e dibattiti, soprattutto in regioni come la Sicilia, dove l’acqua è una risorsa preziosa e a volte scarsa.
Il caso solleva interrogativi sulle modalità di controllo e supervisione degli enti locali e sulla necessità di garantire trasparenza e correttezza nelle pratiche amministrative.
Mentre la comunità di Palma di Montechiaro attende con trepidazione l’esito del processo, il caso di Canicattì diventa un simbolo delle sfide che le amministrazioni locali devono affrontare nel garantire la gestione etica e responsabile delle risorse pubbliche.
La risoluzione di questa vicenda giudiziaria potrebbe non solo determinare il futuro politico e professionale dei diretti interessati, ma anche influenzare il modo in cui la fornitura idrica viene gestita e tariffata in altre realtà comunali italiane.